NOVITÀ
IL
MILITE IGNOTO
La Consulta dei senatori del regno d'Italia rievoca il
Centenario della tumulazione del Milite Ignoto all'Altare della Patria
(IV novembre 2021, 103° anniversario della Vittoria).
L'evento è sintetizzato dal Senatore Generale
Giorgio Blais, vicepresidente della Consulta nell'articolo che segue.
Una quarantina di anni fa un bravo regista cinematografico,
cui lo Stato Maggiore Esercito commissionava la produzione di film di
carattere militare, realizzò una interessantissima pellicola, cui dette
il nome “L’Arma Meravigliosa”. Già questo regista si era distinto per
avere realizzato, in occasione del Centenario delle Truppe Alpine
“L’Alpin l’è sempre quel” e non pochi pensarono che “L’Arma
Meravigliosa” fosse un tributo alla Fanteria, la regina delle
battaglie, come veniva chiamata con qualche enfasi.
La visione del film fu invece una sorpresa. Tutto si sviluppava, dal
legionario di Giulio Cesare fino al soldato combattente sulla Linea
Gotica per esaltare il valore dell’uomo, dell’individuo, del soldato.
L’Arma Meravigliosa non era la Fanteria, era l’UOMO, l’uomo con i suoi
problemi, i suoi affanni, le sue speranze e le sue paure, l’uomo che sa
che deve combattere, che ha un dovere da compiere fino in fondo, che
deve sfruttare le sue più profonde energie. Gli Eserciti che possono
contare su soldati di tale fatta e di tale grandezza morale e
spirituale sono Eserciti forti, forse non sempre vincitori, ma
rispettati ed ammirati.
Questo fu lo spirito che spinse al termine della
Grande Guerra (evidentemente non ancora chiamata Primo Conflitto
Mondiale) a valorizzare e ad esaltare il Soldato, oscura pedina sul
campo di battaglia, ma artefice indiscusso del successo e della
vittoria finale. Soldati, a migliaia, decine di migliaia, centinaia di
migliaia impiegati nelle più disparate attività sul campo di battaglia,
ognuno con la consapevolezza di poter morire in ogni momento e pronti
all’estremo sacrificio. Nelle lettere spedite dal fronte si poteva
leggere, assieme all’amore per la famiglia ed alle preoccupazioni per
la scarsità di notizie, anche l’orgoglio di poter fare qualcosa di
importante, di determinante per la propria Patria.
Quanti nostri soldati lasciarono la vita sul terreno o negli ospedali
in quegli anni? Le statistiche dicono oltre seicentomila, forse il dato
è esagerato o forse no, ma non è il numero che conta. Ognuno di loro ha
fatto il sacrificio estremo e di questo ognuno di noi deve esser loro
grato.
Fu il Generale Giulio Douhet, internazionalmente
famoso per le sue teorie sull’importanza strategica dell’aviazione, che
propose nel 1920 un riconoscimento sacro e solenne ai nostri Caduti,
rendendo onore alla salma di un soldato senza nome che rappresentasse
tutti i Caduti. La proposta venne presentata alla Camera attraverso un
disegno di legge nel 1921.
Approvata la legge, il Ministero della Guerra diede incarico ad una
commissione che esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era
combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello
e l’opera fu condotta in modo che fra i resti raccolti ve ne potessero
essere anche di reparti da sbarco della Marina.
Fu scelta una salma di un soldato sconosciuto per
ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa.
Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele,
tratto da Castagnevizza al mare.
Le undici salme, di cui solo una sarebbe stata tumulata al Vittoriano a
Roma, furono trasportate nella basilica di Aquileia nell’ottobre 1921 e
ne venne selezionata una da inumare solennemente al Vittoriano.
L’indicazione della salma fu fatta da una donna di Trieste, Maria
Bergamas, il cui figlio Antonio, arruolato all’inizio del conflitto
nell’Esercito austriaco, aveva disertato per unirsi alle truppe
italiane ed era caduto, senza che il suo corpo potesse essere
identificato.
La bara indicata da Maria Bergamas fu collocata sull’affusto di un
cannone e deposta su un carro ferroviario appositamente disegnato,
mentre le altre dieci bare vennero sepolte nel cimitero di guerra di
Aquileia.
Il feretro venne trasportato a Roma sulla linea
Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma con il treno che viaggiava a
velocità ridottissima e che, ad ogni stazione, dava la possibilità ad
una folla immensa e commossa di rendere onore alla salma del Caduto.
Giunta a Roma, la salma venne tumulata al Vittoriano il 4 novembre
1921, in una solenne cerimonia alla presenza del Re, delle autorità
dello stato italiano, di tutte le bandiere di guerra, di tutte le
associazioni Combattentistiche e d’Arma, di una folla straboccante. La
cerimonia religiosa fu officiata da Mons. Angelo Bartolomasi, un
sacerdote di Pianezza all’epoca Vescovo di Trieste, e l’acqua benedetta
era quella del fiume Timavo, il fiume carsico che sbocca nel mare
vicino a Monfalcone e su cui per parecchio tempo era attestato il
fronte italiano
Sul sacello è riportata la scritta in latino “Ignoto Militi” e
simbolicamente è sotto la protezione della Dea Roma, la cui statua
svetta sull’Altare della Patria.
Al Milite Ignoto venne concessa la medaglia d’oro
con la seguente motivazione:
”Degno
figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette
inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle
più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che
la vittoria e la grandezza della Patria.”
Il cerchio si chiude. Il Milite Ignoto è un UOMO e
l’UOMO è l’Arma Meravigliosa di cui ogni Esercito ha bisogno e deve
esserne fiero. Grazie a questi uomini, simbolicamente rappresentati dal
Milite Ignoto, l’Italia ha concluso il suo processo di unificazione
nazionale.
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