LA SUCCESSIONE DINASTICA IN CASA
SAVOIA
Uno degli aspetti
più
interessanti della Monarchia è l’automatismo della successione
dinastica. Essa sottrae la designazione e l’ascesa del Sovrano a lotte
di fazione, per fare primeggiare uno rispetto ad altri eredi. Per sua
natura l’ordinamento monarchico, a differenza di quello repubblicano,
elimina alla radice scontri fra lobbies e conflitti fra oligarchie,
dannose per il Paese.
In un periodo storico repubblicano, come quello che stiamo vivendo, è
fondamentale che siano ben chiari identità, ruolo e funzione del Capo
della Famiglia Reale, alla quale si debbono l’unificazione
nazionale e la proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), vale a
dire la nascita dello Stato attuale: insostituibile punto di
riferimento sia per i monarchici sia per le Istituzioni e i
cittadini tutti, qualunque ne sia l’orientamento politico.
Nel 1983, dopo la morte del Re Umberto II, in Italia si è creata
parecchia confusione a tal riguardo, soprattutto (ma non solo) in
ambito giornalistico. Eppure le norme sulla successione
vigenti in Casa Savoia sono sempre state e rimangono chiarissime e
insindacabili. Se così non fosse verrebbe meno il principio
fondamentale dell’ordinamento monarchico: l’automatismo della
successione.
Verso la metà degli Anni Ottanta, venne pubblicato il volume “La
successione dinastica in Casa Savoia”, a cura di Matteo de
Nardelli, in
cui, sulla base di documenti inoppugnabili, venne chiarito che il
successore di Re Umberto II quale Capo della Casa era S.A.R. il
Principe
Amedeo di Savoia, discendente diretto del secondo genito del Padre
della Patria: il Re Vittorio Emanuele II.
Perché questo? In casa Savoia vige la legge salica, cioè la successione
di maschio in maschio, ribadita dallo Statuto Albertino del 4 marzo
1848. Nel 1780-82 Vittorio Amedeo III di Savoia, Re di
Sardegna, emanò Regie Patenti che precisarono
ulteriormente
le norme regolanti la successione dinastica. Esse stabiliscono che, per
contrarre matrimonio, un Principe Reale deve chiedere e ottenere il
consenso del Sovrano e Capo della Casa se intende conservare il suo
status, cioè il titolo e i diritti
conseguenti; diversamente
perde il rango di erede dinastico e tutti i benefici a esso
connessi.
Nel 1970 Vittorio Emanuele di Savoia sposò a Las Vegas la Sig.na Marina
Ricolfi Doria in totale e voluto conflitto con le regole della Casa,
come del resto dichiarò e scrisse ripetutamente. Dal canto suo Re
Umberto II non poté approvare le nozze del figlio, perché,
contrariamente a quanto previsto dalle Norme della Casa, Vittorio
Emanuele non gli chiese alcun assenso. Non solo, ma il
Sovrano apprese del matrimonio del figlio solo a nozze avvenute (cfr.
Vittorio Emanuele di Savoia, Lampi di Vita - Ed. Rusconi, 2002).
Pertanto dal 1970 Vittorio Emanuele decadde dal rango di
Principe ereditario, del quale godeva sin dalla nascita, e, come
già chiarito nel 1960 da Re Umberto II, venne retrocesso a
privato cittadino.
Nel novembre 2006 lo storico Aldo Alessandro Mola, Presidente della
Consulta dei Senatori del Regno, pubblicò il saggio
“Declino e crollo della
Monarchia in Italia” (Mondadori).
Nell’Appendice produsse le sino ad allora inedite lettere con le quali
il Re Umberto II avvertì il figlio Vittorio Emanuele delle
eventuali conseguenze di un matrimonio non riconosciuto. Data
l’importanza di un
tale evento per la Dinastia, il Sovrano ne
inviò copia anche
alla Regina Maria José (vedi
trascrizione). Malgrado ciò,
dieci anni dopo, Vittorio Emanuele convolò a nozze civili a Las Vegas
(11 gennaio 1970) e religiose a Teheran (7 ottobre 1971). In tal modo,
consapevolmente,
rinunziò al rango di principe ereditario e di futuro Capo della Casa di
Savoia, per sé e i suoi discendenti.
Senza necessità di pronunce pubbliche né di atti ulteriori,
semplicemente in forza dell’automatismo delle norme regolanti la Casa,
dal 1970 il Principe Ereditario divenne quindi S.A.R. il Principe
Amedeo di Savoia, allora Duca di Aosta. Alla morte di Re Umberto II, il
18
marzo 1983, S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia divenne Capo della
Famiglia Reale Italiana, anche se molta parte della pubblicistica e le
istituzioni repubblicane lo ignorarono o finsero di non
saperlo.
LE
LETTERE DEL
RE
Riproponiamo qui di seguito la trascrizione delle lettere di Re Umberto
II, il cui testo può essere controllato in Aldo A. Mola, “Declino e
crollo della monarchia in Italia”
(Oscar Mondadori, 2008, pp.
402 e ss.).
25 GENNAIO
1970
Nella prima lettera (inviata per conoscenza alla regina Maria José con
un appunto sull’importanza dei suoi contenuti per Vittorio Emanuele) il
Re, dopo aver sentito la sempre più insistente voce che dava per
imminenti le nozze fra Vittorio Emanuele e la Signorina Dominique
Claudel, spiega al figlio quel che comporterebbe un matrimonio in
contrasto con le norme regolanti la dinastia: “legge della nostra Casa,
vigente da ben 29 generazioni e rispettata dai 43 Capi Famiglia, miei
predecessori, succedutisi secondo la legge Salica attraverso matrimoni
contratti con famiglie di Sovrani” (riferimento alle
succitate Regie
Patenti del 1780-82). Il Re aggiunge: “Tale legge, io 44mo Capo
Famiglia, non intendo e non ho diritto di mutare, nonostante l’affetto
per te. Ma se anche mancassi al mio dovere, sarebbe vano, perché
nessuno potrebbe riconoscere valido il mio operato.”
Vittorio Emanuele viene inequivocabilmente informato che un simile
matrimonio comporterebbe “la
tua decadenza da qualsiasi diritto di
successione come Capo della Casa di Savoia e di pretensione al trono
d’Italia, perdendo i tuoi titoli e il tuo rango e riducendoti alla
situazione di privato cittadino. Perciò tutti i diritti passerebbero
immediatamente a mio nipote Amedeo, Duca d’Aosta”.
Il Re conclude la lettera in maniera risolutiva: “la tua decisione di
oggi ti
apre o chiude per sempre la prospettiva della successione ad ogni mio
diritto”.
Vittorio Emanuele firma la lettera “per presa conoscienza”.
15 APRILE
1960
Vittorio Emanuele ringrazia il Re per “lo scrupolo che hai messo
nell’espormi tanto pazientemente e diligentemente la situazione nella
quale verrei a trovarmi se decidessi di rinunciare alle mie prerogative
e mi sposassi con una donna – qualunque essa fosse – non di sangue
reale.” Aggiungendo “Tocca
ora a me riflettere, meditare,
decidere.”
18 LUGLIO
1963
Il Re, dopo aver letto un’intervista su “Oggi” in cui Vittorio Emanuele
parlava della concreta possibilità di un matrimonio con la Sig.na
Marina Ricolfi Doria, ricorda al figlio quanto ebbe a scrivere nel
gennaio 1960.
Umberto II conclude la lettera ricordando di essere spinto
“dall’affetto che ho per Te e dal desiderio di assicurarti il migliore
avvenire, che non potrebbe mai essere in contrasto con quanto è sempre
stato fatto nella nostra famiglia.”
Vittorio Emanuele risponde con un lapidario “L’intervista non
rispecchia il mio pensiero.”
|
|