Le Esequie del Principe Amedeo di
Savoia
Venerdì 4 giugno 2021 nella fiorentina Basilica di San Miniato al Monte
si sono svolte le solenni esequie del Principe Amedeo di Savoia, duca
di Savoia, già V duca di Aosta, capo della Real Casa di Savoia, alla
presenza del successore, principe Aimone, che ne ha ereditato e assunto
rango e titoli. Alla cerimonia, celebrata da padre Bernardo, circondato
dalla comunità degli Olivetani di San Miniato, hanno partecipato
parenti dei duchi, giunti anche dall'estero, rappresentanti di
istituzioni, come la Consulta dei Senatori del regno d'Italia con il
presidente e il segretario Gianni Stefano Cuttica, associazioni d'arma
(tra i quali il comandante Nicola d'Atri per l'Istituto nazionale per
la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon). La vicesindaco di
Firenze ha rappresentato la Città del Giglio. Al di fuori del Tempio
tanti cittadini giunti da varie regioni hanno recato l'omaggio alle
Persone dei Duchi e a quanto esse sono in e per l'Italia. Tra
gli omaggi floreali pervenuti, spiccava quello inviato dalla
Principessa Maria Gabriella di Savoia, terzogenita di Umberto II e
Maria José. A lei il cugino Amedeo nel 2006 affidò la guida delle
iniziative culturali volte a proporre il ruolo della monarchia sabauda
nel quadro della storia generale. Occorreva, come ancora urge, far
capire (anche agli studiosi inclini a pregiudizi faziosi) quanto
scrisse Luigi Federzoni, capofila dei nazionalisti (niente affatto
“fascisti” ma ala conservatrice dei liberali), discepolo indiretto di
Giosue Carducci e presidente del Senato nel decennio 1929-1939: la
monarchia non è una persona, è un sistema (se ne veda il Diario
inedito, 1943-1944, pubblicato dall'editore Pontecorboli, a cura di
Erminia Ciccozzi, con prefazione di Aldo G. Ricci, sovrintendente
emerito dell'Archivio Centrale dello Stato).
Qual è la “lezione” del
Duca?
La morte improvvisa del Principe Amedeo di Savoia ha riportato al
centro dell'attenzione (speriamo non fuggevole) alcune questioni di
interesse ampio e meritevole di riflessione: i legami di parentela tra
i Savoia e le altre Case europee; la successione dinastica al proprio
interno e il suo nesso con la storia generale d'Italia, prima e dopo la
Costituzione del 1° gennaio 1948.
Per comprendere i molteplici aspetti di ciascuno di questi temi tali è
utile ripercorrere rapidamente il profilo del Principe Amedeo. Come è
stato osservato, egli fu un patriota italiano, per destino e per
scelta. Nacque da Irene di Grecia il 27 settembre 1943 a Villa
Cisterna, presso Firenze, poco dopo un pesante bombardamento “alleato”.
Il padre, Aimone di Savoia (1900-1948, già re di Croazia dal 1941 al
1943), era forzatamente lontano, al comando militare ricoperto per la
riscossa dell'Italia dopo l'armistizio del 3/8 settembre. Da tre
settimane il governo presieduto dal Maresciallo d'Italia Pietro
Badoglio, nominato al posto di Benito Mussolini il 25 luglio
precedente, si era trasferito da Roma a Brindisi con Vittorio Emanuele
III, la regina Elena, il principe Umberto di Piemonte, alcuni ministri
e i vertici militari delle Forze Armate. Per gli anglo-americani, che
operavano nel quadro delle Nazioni Unite in guerra contro la Germania,
la monarchia sabauda era, senza alcuna alternativa, la continuità dello
Stato d'Italia. Era il Re, con i suoi ambasciatori, generali, alti
funzionari; con il fitto reticolo di trattati, accordi, convenzioni,
frutto di secoli di storia, da “aggiornare” nel quadro
politico-militare generato dalla guerra in corso. Agli occhi di Londra
e di Washington (come anche dell'Unione sovietica) l'Italia era la
monarchia, non i comitati di liberazione nazionale, né le dispute tra
partiti il cui seguito effettivo nessuno conosceva.
Regalità di un Patriota
per destino e per scelta
Appena nato, Amedeo divenne una preda ambita. Per prudenza la madre ne
fece rilevare le impronte digitali. Costituita la Repubblica sociale
italiana (il cui governo, dopo un passaggio simbolico alla Rocca delle
Caminate, tenne la sua prima riunione nella sede dell'Ambasciata
tedesca a Roma, in modo che fosse chiaro chi davvero comandava),
Mussolini non osò nulla nei suoi confronti; d’altronde egli era il
nipote di Amedeo di Savoia, III duca di Aosta, viceré di Etiopia, morto
prigioniero degli inglesi: un mito per tutti gli italiani legati nel
culto della Patria. Però il vendicativo Adolf Hitler, per il quale
l'Italia era ormai uno stato vassallo, non essendo riuscito a
impadronirsi della Famiglia Reale, lo teneva sotto osservazione. Il 26
luglio 1944 Heinrich Himmler ordinò la sua traduzione con la madre da
Firenze a Hirschegg, presso Gratz, in Austria, ove erano stipati
centinaia di uomini politici, militari e aristocratici (tedeschi
inclusi) deportati da vari Paesi. I nazisti volevano solo tenerlo in
ostaggio tra i molti o farne un'alternativa al Re e al principe
ereditario?
Dopo il crollo della Germania e varie vicissitudini, il 7 luglio 1945
la Principessa rientrò in Italia con il piccolo Amedeo e si stabilì a
Fiesole con il Consorte, Aimone, IV duca d'Aosta, arbitrariamente
rimosso per livore “politico” dal ruolo militare che gli competeva.
Come gli altri membri di Casa Savoia, Aimone lasciò l'Italia di
concerto con Umberto II che all'indomani del discusso referendum
istituzionale del 2-3 giugno e dell'arbitrario conferimento
dell'esercizio dei poteri di capo dello Stato al democristiano Alcide
De Gasperi, il 13 giugno partì per il Portogallo protestando contro il
“gesto rivoluzionario” (vero e proprio colpo di Stato, in realtà,
perché l'esito delle vocazioni non era ancora definitivo: lo sarebbe
diventato solo il 18 seguente). Il Duca di Aosta si trasferì in
Argentina, ove morì due anni dopo. Quando le sinistre monarcofaghe
lamentarono che il principino suo figlio rimaneva in Italia, come la
nonna, Elena di Orléans, vedova di Emanuele Filiberto, mai mossasi
dalla Reggia napoletana di Capodimonte, Alcide De Gasperi osservò che
l'Italia non poteva averne paura.
La XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione in vigore
dal 1° gennaio 1948 vietò il rientro e il soggiorno in Italia agli ex
re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai discendenti maschi. A quel
modo, la Costituente avallò la legge salica (successione di maschio in
maschio), vigente da nove secoli, ma, ignorando le regie patenti di
Vittorio Amedeo III (13 settembre 1782), confuse “discendente” con
“erede al trono”. Il primo è un figlio (che può essere diseredato),
l'altro è chi “automaticamente” succede al sovrano in forza delle
regole interne alla Casa: norme immodificabili, proprio come la legge
salica di recente asseritamente abrogata da chi, in realtà, non ha
alcun titolo per farlo, poiché escluso dalla successione al trono alla
morte di Umberto II (Racconigi, 15 settembre 1904 - Ginevra, 18 marzo
1983).
Amedeo d'Aosta era di stirpe reale: pronipote dell'omonimo Amedeo,
primo Duca di Aosta, figlio di Vittorio Emanuele II e di Adelaide
d'Asburgo e fratello minore di Umberto I, re d'Italia dal 1878 al 1900.
Poco più che ventenne, dalla fine del 1870 all'inizio del 1873, Amedeo
assunse la corona di Spagna su designazione delle Cortes di Madrid. Il
suo regno non nacque sotto i migliori auspici. Il valoroso generale
Prim y Pratz, suo principale fautore, morì in circostanze tuttora
misteriose. “Don Amadeo Primero” depose la corona dopo vari attentati
alla sua vita (una volta mentre era in compagnia della consorte, la
principessa Vittoria della Cisterna) e rientrò nella linea di
successione al trono d'Italia, mentre la Spagna precipitava nel caos
della prima delle due sue disastrose repubbliche, chiusa con il ritorno
di un Borbone: Alfonso XII.
Il primogenito di Amedeo, l'aitante Emanuele Filiberto, fu comandante
invitto della III Armata durante la Grande Guerra ed è sepolto con
centomila compagni d'arme a Redipuglia. Fantasie e pettogolezzi
ricamarono sulla sua presunta contrapposizione al cugino, Vittorio
Emanuele III. In realtà, asceso al trono perché suo padre, Umberto I,
era stato assassinato a Monza nel 1900, il Re considerò sempre lui e i
suoi fratelli (Vittorio Emanuele, conte di Torino, Luigi Amedeo, duca
degli Abruzzi, e Umberto, conte di Salemi) una riserva preziosa della
Casa. Durante la Grande Guerra non conferì a Emanuele Filiberto il
comando supremo in successione a Luigi Cadorna proprio perché, in caso
di sconfitta e di sua eventuale abdicazione (sul modello di Carlo
Albero dopo Novara: 23 marzo 1848), il cugino avrebbe dovuto assumere
la Reggenza e vegliare su Umberto di Piemonte (1904-1983), che solo nel
1922 raggiunse l'età per assumere la corona. Altrettanto leggendaria è
l'insinuazione che nell'ottobre 1922 il Duca di Aosta abbia tramato con
i quadrumviri del partito fascista in vista della rimozione di Vittorio
Emanuele III, il re del 24 maggio e di Peschiera. Né i vertici delle
Forze Armate né i partiti costituzionali l'avrebbero accettata:
l'Italia non era un paese “balcanico”.
Patriota per destino, Amedeo d’Aosta lo fu anche per propria scelta,
quale cittadino dello Stato d'Italia. “Governato” dall'Ammiraglio
Giulio Cerrina Feroni, studente al Collegio delle Querce di Firenze e
al Seaford College inglese, allievo del Collegio Navale Morosini a
Venezia e dell'Accademia Navale di Livorno (il cui motto è “Onore e
Patria”, come ricorda nelle Memorie l'Ammiraglio Antonino Cocco,
presidente delle Guardie d'Onore), ufficiale di complemento nella
Marina Militare in missione nel Mediterraneo e nell'Atlantico, il
Principe si laureò in scienze politiche all'Università di Firenze.
Rappresentò ripetutamente l'esule Umberto II in cerimonie e
manifestazioni che coniugavano nostalgia della Tradizione monarchica e
culto dell'Italia unita. Viaggiatore instancabile, raffinato studioso
di botanica (in specie di piante esotiche, in particolare delle
“succulente”), raggiunse prestigio internazionale e per nomina
governativa fu presidente del comitato di gestione della Riserva
naturale dell'isola di Vivara.
Casa Savoia e l'Italia:
unite nella e dalla Storia
Come si è veduto anche in occasione delle sue esequie, egli divenne
punto di riferimento non solo di monarchici ma dei cultori dell'unità
nazionale, al di fuori e al di sopra delle fazioni.
Nel corso dei secoli la Casa di Savoia ha contratto legami matrimoniali
con tutte le principali Case regnanti d'Europa: un percorso che divenne
ancora più articolato e mirato quando il Duca di Savoia fu insignito
del titolo di Vicario del Sacro Romano Impero in Italia. L'intreccio
risultò fondamentale nell'età delle guerre franco-ispane per l'egemonia
sull'Italia. Il Ducato di Savoia rimase l'unico Stato indipendente. I
sovrani sabaudi si unirono sia agli Asburgo di Spagna, quando sul
dominio di Madrid non tramontava mai il sole, e del ramo d'Austria, che
conservò il titolo imperiale; sia con i Borbone di Francia. Ne nacque
una geometria variabile, più volte narrata negli aspetti meno
politicamente rilevanti e quindi meritevole di nuovi approfondimenti in
una visione più alta della storia. Con l'ascesa di Vittorio Amedeo II
al trono di Sicilia (poi commutato con quello di Sardegna) e
l'incoronazione di Carlo Alberto di Savoia-Carignano (dopo l'estinzione
dell'ultimo suo discendente diretto, Carlo Felice), la Casa si mosse in
linea con i nuovi scenari di un’Europa che in un secolo creò imperi
coloniali immensi negli spazi afro-asiatici e nell'Oceania. Ancora
“imparentati” con gli Asburgo, Borbone, Braganza e Saxe-Coburgo-Gotha,
con le nozze di Carlo Gerolamo Bonaparte e Clotilde, figlia di Vittorio
Emanuele II, i Savoia sancirono il legame anche con i “discendenti” di
Napoleone I. La strategia matrimoniale continuò con le nozze di
Vittorio Emanuele III e di Umberto II: sponsali anche con principesse e
principi di confessione ortodossa o riformata (la Regina Elena di
Montenegro, il principe d'Assia, lo zar dei Bulgari...).
Bene si comprende dunque che Vittorio Emanuele III fece il possibile
per scongiurare l'assurdità approvata dalle Camere nel dicembre 1938
con le leggi per la “difesa della stirpe”, unite a una campagna
d'opinione incardinata sul mito di una “razza italiana” priva di
qualsiasi base scientifica, culturale, costumale e storiografica.
Proprio la sua Casa dimostrava l'opposto; ma già lo aveva detto
Vittorio Emanuele II, che nel primo discorso da Re si rivolse ai
“popoli d'Italia”. Altrettanto hanno mostrato nel tempo i componenti
della Casa di Savoia-Aosta.
Il passaggio del rango di Capo della Real Casa dal principe Amedeo a
suo figlio Aimone induce a riflettere sul fatto che le leggi domestiche
dei Savoia, come di tutte le altre dinastie reali, sono interne e non
soggette a interferenze né da parte di poteri terzi (per esempio
governi stranieri o di chi pro tempore esercita le funzioni sovrane in
Italia), né da parte di chi, pur appartenendo alla famiglia, non ha
ruoli dinastici di governo nella e sulla Casa (Vittorio Emanuele e il
figlio Emanuele Filiberto).
Né può infine tacersi che il legame tra i Savoia e la storia d'Italia
non si riduce alla recente posticcia cartellonistica che promuove la
visita a luoghi sabaudi, quasi fossero nati per germinazione spontanea.
La storia non è una piazzola per consumi eno-gastronomici o per
“selfie” con sfondo di giardini, parchi, gallerie d'arte, palazzi,
monumenti. È Memoria. È consapevolezza dei tempi lunghi, della
collocazione del Paese nelle sempre mutevoli relazioni tra le grandi
potenze, nel cui novero l'Italia figurò di pieno diritto nell’età
vittorio-emanuelina (1900-1946).
Motivo in più per accogliere l'esortazione a conoscere la storia vera,
al tempo suo lanciata da Ugo Foscolo, il “veneziano” nativo di Zante,
contro la tentazione dell'oblio, corruttore delle coscienze.
Quale monito per gli astanti, alle esequie del Principe Amedeo nella
Basilica di San Miniato risplendeva il Gran Collare dell'Ordine dei
Cavalieri della Santissima Annunziata, sintesi di secoli di vicende,
parte delle quali il lettore trova in Cifra Reale, volume da lui
scritto con Danila Satta (ed. La Compagnia del Libro, 2014).
Capo della Real Casa di Savoia è ora il Principe Aimone, già VI duca di
Aosta.
Aldo A. Mola
Pubblicato su "il Giornale del
Piemonte e della Liguria" del 6 giugno 2021